bibliopavese



La bibliografia
ragionata

BiblioPavese, la bibliografia ragionata dell’Opera di Pavese, dialoga con OntoPavese e PaveseInTesto. La bibliografia infatti è il cuore pulsante dell’Ontologia che può essere interrogata in molteplici modi ed è anche presente a commento dei testi.

Il modello euristico proposto è quello di una bibliografia ragionata e ‘ragionante’, che offre una sistemazione della bibliografia secondaria di tipico critico-tematico. La bibliografia, in tal senso, ragiona letteralmente sullo stato dell’arte, illustra e commenta gli avanzamenti critici degli autori intorno alla singola opera e li raccoglie sotto una medesima categoria critica, sia essa una pista interpretativa affine o uno stesso approccio metodologico. All’interno di ciascun paragrafo, i contributi sono disposti in ordine cronologico, in modo da restituire lo sviluppo in diacronia delle rispettive linee critiche. In questa sezione confluiscono le bibliografie ragionate curate da Eliana Vitale, poste a corredo delle edizioni scientifiche degli «Oscar» (Paesi tuoiLa casa in collinaLa luna e i falòDialoghi con Leucò) e del «Baobab» Mondadori, L’Opera poetica. Testi editi, inediti, traduzioni, edite nel 2021 e curate da Antonio Sichera e da Antonio Di Silvestro. 

Primi passi dentro BiblioPavese

Recensioni alle prime edizioni

A.B., segnalazione bibliografica relativa a LS all’interno della rubrica Rassegna dei libri, in «L’Italia Letteraria», Roma, XII, n.s., 22 marzo XIV-1936, n. 9, p. 4; A. Cajumi, II. Levate di scudi (1936), in ID., Pensieri di un libertino: uomini e libri 1935-1946, Milano, Longanesi 1947, 493 pp. («I Marmi» 3), pp. 43-9; G. Contini, Un esperimento di poesia non aristocratica, in «Libera Stampa», Lugano, 30 giugno 1944; C. Dionisotti, recensione a Lavorare stanca, in «La Nuova Europa», Roma, VIII, 26 agosto 1945, n. 34, p. 5; A. Cavallari, recensione a Lavorare stanca, in «Italia Libera», Milano, 1° settembre 1945 (edizione clandestina); U. Apollonio, recensione radiofonica di Lavorare stanca letta il 23 ottobre 1945 a Radio Trieste [Cfr. la lettera di ringraziamento di P. datata Roma, 17 novembre 1945, in L II, p. 37]; E. Villa, recensione a Lavorare stanca, in «l’Unità», Roma, 14 novembre 1945; T. Guerrini, recensione a Lavorare stanca, in «Cosmopolita», Roma, 14 marzo 1946.

 

Studi critici

Narratività e oggettivazione: una poesia di rottura

G. ContiniUn esperimento di poesia non aristocratica, in «Libera Stampa», Lugano, 30 giugno 1944 (poi in id., Altri esercizî (1942-1971), Einaudi, Torino 1972, pp. 188-221), mette in luce, a proposito di Lavorare stanca del 1936, «la prosaicità dell’impostazione, scevra di parole definitive, di segni singoli, puntata su un effetto globale di massa; e perciò forse fin d’allora orientata alla narrativa». I. CalvinoStoria breve delle lettere modernePavese in tre libri, in «Agorà», Torino, II, agosto 1946, n. 8, pp. 8-10 (poi in id.Saggi 1945-1985, M. Barenghi, a cura di, Mondadori, Milano 1995, «I Meridiani», pp. 1206-1208), recensendo Lavorare stanca parallelamente al romanzo Paesi tuoi e alle prose di Feria d’agosto, afferma che Pavese è in grado di «abbandonare ogni iniziale lirismo, ogni compiacenza introspettiva per un’attenzione alle voci e ai bisogni più elementari di un’umanità di contadini e di vagabondi, di operai e di prostitute» e sottolinea che «città e campagna sono sentiti come due semi-mondi di cui l’uomo non riesce a risolvere e a completare l’altro e non trovano modo di compenetrarsi, lasciando l’uomo perpetuamente inappagato». N. SapegnoCompendio di Storia della Letteratura Italiana, La Nuova Italia, Firenze 1947, vol. III, parte seconda, pp. 470-471, colloca Lavorare stanca nell’alveo della «poesia più umana» e anti-ermetica inaugurata da Saba, in quanto non rappresenta una poesia «né elusiva, né allusiva», ma un dettato realistico che prende la forma del racconto. 

 

Giovinezza e solitudine: una poesia esistenziale

G. VenturiLa prima poetica pavesiana: ‘Lavorare stanca’, in «La Rassegna della Letteratura Italiana», Firenze, LXVIII, gennaio-aprile 1964, n. 1, pp. 130-152, si sofferma sulle figure femminili della raccolta e sul prototipo di donna forte e indipendente incarnato da Deola, personaggio che prefigura Ginia de La bella estate e Clelia di Tra donne sole. G. PozziCesare Pavese, in id., La poesia italiana del Novecento. Da Gozzano agli Ermetici, Einaudi, Torino 1965 («Piccola Biblioteca Einaudi» 64), pp. 363-370, ritiene che il linguaggio poetico di Lavorare stanca sia del tutto anacronistico e dimostri una certa immaturità ideologica. Per F. DucatiLettura di ‘Lavorare stanca’, in «Aevum», Milano, XL, settembre-dicembre 1966, nn. 5-6, pp. 519-541, la raccolta si fonda su delle antinomie di carattere autobiografico, «lavoro-ozio, città-campagna, donna-infanzia, solitudine-appagamento nella contemplazione, senso morale-fantasia, avventura-ritorno». Ciò, secondo l’autrice, smentirebbe l’«oggettività narrativa» auspicata da Pavese e indebolirebbe la formula dell’«immagine-racconto». G. RizzoStoria e poesia di ‘Lavorare stanca’, in «Annali dell’Università di Lecce», vol. II (1964-1965), Milella, Lecce 1966, pp. 211-245, scorge nel libro una forte componente autobiografica legata all’esperienza del confino.

Studi su «La terra e la morte» e «Verrà la morte e avrà i tuoi occhi»

Tra lirismo, eros e mito

A. Frattini, La nuova poetica di Pavese, in «Momenti», Torino, novembre-dicembre 1951, e in «La Via», Roma, 17 novembre 1951 (poi in Id., Poeti italiani del Novecento: studi e postille, Edizioni Accademia di Studi Cielo D’Alcamo, Alcamo 1953, e I due tempi della poesia di Pavese, in Id., Poeti italiani tra primo e secondo Novecento, Istituto di Propaganda Libraria («La corona d’argento», serie Novecento, Milano 1967, pp. 237-250), rileva come in Verrà la morteil ritmo si faccia via via più incalzante e si accompagni a immagini interiori e inquiete, molto distanti dalla «prosasticità più dimessa» di Lavorare stanca. R. Puletti, Motivi e poetica di “Lavorare stanca”Dagli ultimi versi a “La luna e i falò”, in Id., La maturità impossibile. Saggio critico su Cesare Pavese, Rebellato, Padova 1961, pp. 61-80 e 269-287 (poi in Id., Motivi e validità della letteratura contemporanea. Nascita vicende e morte del neorealismo da Pavese a Gadda, vol. III, a cura dell’Università Italiana per Stranieri, Perugia 1969, pp. 123-140 e 301-318), indaga l’ultima stagione poetica e narrativa dell’autore. M. Tondo, L’esperienza poetica di Cesare Pavese, in «Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia», Bari, VIII, 1962, pp. 195-22, ricostruisce il percorso che porta Pavese da Lavorare stanca fino al lirismo di Verrà la morte e avrà i tuoi occhi. P. Bagnoli, Del mito, dell’amore, dell’altro nelle ultime poesie di Pavese, in «Il Ponte», Firenze, XXIX, n. 12, 1973, pp. 1728-1773, si occupa di indagare il ruolo del mito e dell’eros in La terra e la morte e Verrà la morte e avrà i tuoi occhi. W. Siti, Figuralità controllata, in Id., Il neorealismo nella poesia italiana 1941-1956, Einaudi («Piccola Biblioteca Einaudi», Letteratura, 404), Torino 1980, pp. 92-101, analizza La terra e la morte, soffermandosi in particolare sul ruolo del magico e del rito nella poesia pavesiana. M. de las Nieves Muñiz Muñiz, Introduzione a Pavese, Laterza, Roma 1992, pp. 167-170, dimostra come l’ultima raccolta pavesiana non sia un mero sfogo autobiografico, ma un’opera che segna la maturazione poetica dell’autore. S. Giovannuzzi, Pavese tra romanzo e angoscia per la perdita della poesia: “La terra e la morte” e “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”, in “Sotto il gelo dell’acqua c’è l’erba”. Omaggio a Cesare Pavese, Edizioni dell’Orso («I libri di “Levia Gravia”», I), Alessandria 2001, pp. 243-270, s’interroga sul ruolo della poesia nella riflessione teorica di Pavese in rapporto alle ultime raccolte e agli ultimi romanzi. D. Ferrai e N. Marai, Tra “mithos” e “logos”: l’origine in Pavese, in Lotte di giovani: dialoghi con Pavese, Atti del convegno (Santo Stefano Belbo, 29 novembre 2003), L. Vitali, a cura di, in «Quaderni del ’900», Pisa-Roma, III, 2003, pp. 61-77, oltre ad analizzare il romanzo La casa in collina, si soffermano sulla figura di Afrodite nella raccolta La terra e la morte. M. Cavallo, Cesare Pavese e il luogo-piazza, in «La Nuova Tribuna Letteraria. Rassegna trimestrale d’arte e letteratura», n. 92, Venilia, Montemerlo 2008, pp. 12-14, studia la funzione del «luogo-piazza». A.F. Gerace, “Sei la vita e la morte”: residui di ibridismo tra umano e divino nelle ultime liriche pavesiane, in M. Lanzillotta, a cura di, Cesare Pavese tra cinema e letteratura, Rubbettino («Studi di filologia antica e moderna»), Soveria Mannelli 2011, pp. 111-149, alla luce delle categorie mitiche di Kerényi, individua i «referenti metaforici del tu lirico» nelle divinità di Afrodite, Demetra e Artemide nei Dialoghi con Leucò e nelle poesie di Verrà la morte e avrà i tuoi occhi. F. Ricci, “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi” di Cesare Pavese, in Id., Amori novecenteschi: saggi su Cardarelli, Sbarbaro, Pavese, Bertolucci, Zona («Zona per l’università»), Civitella in Val Chiana 2011, pp. 53-78, indaga la componente erotica dell’ultima raccolta pavesiana. A. Borghini, La morte che “avrà i tuoi occhi” e il “vizio assurdo”: uno “schema narcisistico”?, in A. Catalfamo, a cura di, Pavese, Fenoglio e “la dialettica dei tre presenti”Quattordicesima rassegna di saggi internazionali di critica pavesiana, C.U.E.C.M. («I quaderni del CE.PA.M.»), Catania 2014 , pp. 175-188, individua delle influenze da parte del mito classico di Narciso nella poesia Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.

La bibliografia integrale

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VERRÀ LA MORTE E AVRÀ I TUOI OCCHI

PAESI TUOI

LA BELLA ESTATE

PRIMA CHE IL GALLO CANTI

LA LUNA E I FALÒ

DIALOGHI CON LEUCÒ